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Esattamente settantatré anni fa, grazie allo sport cadde fragorosamente una barriera. Il 15 aprile del 1947 nella squadra Ebbets Field di Brooklyn davanti a 23.000 spettatori, per la prima volta nella storia, entrò in campo nella principale lega di baseball, un atleta di colore. Si trattava di Jackie Robinson, un ragazzo di 28 anni, il primo afroamericano a scendere in campo nella Major League. Allora negli USA per gli sport di squadra secondo una legge non scritta, esisteva la Negro League per gli atleti e spettatori di colore e una Major League per gli atleti e pubblico di bianchi. Un giorno Jakie Robinson fu convocato dal coach bianco di una squadra di bianchi: “Senti Robinson, i numeri dicono che sei un giocatore strepitoso e se mostri il coraggio di sopportare in campo tutte le provocazioni, ti ingaggio nella Major League”. Affare fatto. Siglarono un contratto che prevedeva che Robinson non avrebbe mai replicato, sputi in faccia inclusi. Durante le partite arrivarono parole pesanti come macigni e umiliazioni d’ogni genere anche dagli stessi compagni di squadra, tutti bianchi naturalmente. Robinson tenne duro. Giocava da campione e si comportava da signore. Alla fine conquistò la stima dei suoi compagni, il rispetto degli avversari e la simpatia del pubblico. Ma soprattutto cambiò la storia: quello che conta non è essere bianco o di colore, ma essere considerato come persona.
Un cordiale saluto, don Gianmarco.