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CISM CONFERENZA ITALIANA SUPERIORI MAGGIORI
Presidenze Roma,
28.04.2020
COMUNICATO
STAMPA
Le Conferenze dei Religiosi e
delle Religiose in Italia (CISM ed USMI), alla luce dell’ultimo Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020, dichiarano che sono
rimaste deluse di non essere state ascoltate. Lo affermano come cittadini e
come servitori di tanta parte della nostra gente. Avevano la speranza di
trovare accoglienza delle loro richieste a motivo del senso di responsabilità,
profondamente sentito, per il futuro delle nuove generazioni. Questo tempo
storico inedito per la grande pandemia del coronavirus è, infatti, una chiamata
a creare una grande sinergia per affrontare il futuro immediato attraverso
soluzioni condivise per il bene della Nazione.
Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile
potesse includere, per un atto di giustizia e di civiltà, gli emendamenti a
sostegno delle scuole pubbliche paritarie che rappresentano, oramai da
vent’anni (la parità scolastica In Italia è stata approvata il 10 marzo 2000
con la Legge 62/2000), il progetto di “tutta la scuola” italiana, di una
“scuola di tutti” che cammina non più sulla sola gamba della
scuola pubblica statale ma anche su quella, altrettanto essenziale, della scuola
pubblica paritaria.
Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile
potesse rappresentare una reale attenzione alla famiglia, soggetto sociale di
vitale importanza per tutta la collettività, tentando di armonizzare per tutti il
divario tra lavoro, famiglia e scuola, andando oltre quell’ideologia che,
nonostante le incoraggianti parole di molti politici, resta come una muraglia
cinese che preclude di considerare la scuola pubblica paritaria come
coessenziale al sistema scolastico del nostro Paese.
Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile non
condannasse alla morte lenta un servizio a vantaggio di quasi 900mila
ragazzi, 12mila scuola pubbliche paritarie, 140mila tra docenti e personale
amministrativo. Infatti, viviamo come una agonia istituzionale perché, senza
dubbio, a queste condizioni, il 30% delle scuole pubbliche paritarie non potrà
riaprire a settembre. Qualcuno si compiacerà. In realtà, l’emorragia della
scuola pubblica paritaria creerà una situazione di collasso del sistema
scolastico statale a settembre prossimo, perché le famiglie tenderanno a spostare circa 300mila ragazzi dalle paritarie alle
statali, non potendo pagare le rette; contestualmente il sistema scolastico
statale e paritario sarà chiamato ad affrontare sfide inedite per l’anno scolastico
2020-2021: distanziamento sociale, aumento del numero dei docenti, insufficienza
delle strutture scolastiche, distanziamento dei plessi scolastici dal
territorio dove le famiglie vivono.
Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile
tenesse in conto quanto riportato da autorevoli studi che, cioè, la chiusura
delle scuole paritarie non è una scelta culturale degna di un Paese civile
perché l’impoverimento dell’offerta
formativa e la limitazione della libertà delle famiglie priva il Paese di quella
sussidiarietà che è premessa ad ogni forma di integrazione sociale; inoltre, questa
opzione avrà un impatto negativo sulle scuole pubbliche statali perché comporterà
un peggioramento del servizio e un aumento dei costi per la collettività che,
probabilmente, si tradurranno in nuove tasse o in minori risorse disponibili
per la scuola statale.
Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, come rappresentanti di tanti Superiori
Maggiori, veri e ultimi gestori della scuola paritaria in Italia, continuiamo a
credere, per il senso civico che ha sempre contrassegnato il nostro servizio
agli ultimi, che compito dei politici, soprattutto in tempi di crisi, sia
quello di fare scelte coraggiose, osando un passo in più, magari abbattendo quelle
divisioni ideologiche e culturali che sono all’origine del declino del nostro
Paese e che non ci consentono di costruire futuro, perché frenati dai fantasmi
del secolo breve. Per questo, ancora una volta, ci appelliamo alla
Vostra responsabilità sociale e al senso del bene comune, che è insito in ogni
rappresentante di questo magnifico Paese che è l’Italia, chiedendovi che
nessuno rimanga indietro.
Sì, non deve rimanere indietro nessuno, perché la crisi parziale della scuola
pubblica paritaria costerebbe allo Stato italiano oltre 2,4 miliardi aggiuntivi
(la scuola pubblica statale in Italia costa mediamente 8.200 euro per ogni
alunno iscritto -fonte Ocse-; se stimiamo in 300mila studenti i nuovi iscritti
che passerebbero dal sistema paritario a quello statale i costi aggiuntivi
sarebbero di 2,4 miliardi), più gli ammortizzatori sociali per i circa 40.000
lavoratori del settore. È conveniente per lo Stato sostenere la scuola pubblica
paritaria, in quanto è proprio di uno Stato democratico avanzato assumersi una
chiara responsabilità sociale e non accontentarsi di navigare sotto costa. È
proprio di uno Stato garantire i più piccoli (infanzia, primaria, etc.), senza
discriminazioni, perché sono loro che stanno vivendo il maggiore disagio della
rottura delle relazioni e dell’isolamento domiciliare di questa pandemia.
Non deve rimanere indietro nessuno. Ma a condizione che lo Stato definisca
interventi specifici come l’erogazione di sussidi per l’iscrizione, la
detraibilità integrale delle rette per l’anno 2020-2021, la detraibilità dalle
tasse sugli immobili per quegli Istituti che, in una sorta di patto civico ed
educativo, metteranno a disposizione della scuola pubblica statale, previo
accordo tra le parti, parte dei propri immobili per poter garantire il regolare
svolgimento delle attività didattiche con le nuove regole del distanziamento
sociale, in una contiguità istituzionale tra scuola pubblica e privata.
Non deve rimanere indietro nessuno. Il coronavirus ci sta insegnando che
lavoro, famiglia e scuola sono la sintesi di un Paese avanzato, che nessuna di
queste tre componenti può procedere senza l’altra, non solo in termini temporali
ma anche di co-essenzialità e sussidiarietà civica perché il
lavoro, la famiglia e la scuola sono costruzione di futuro possibile, anche
nell’emergenza.
Non
deve rimanere indietro nessuno.
Perché quanto stiamo vivendo non è una parentesi della vita, come se, cessata
l’emergenza, tutto potrà riprendere come prima. Anche per la scuola, pubblica
statale o paritaria che sia, nulla sarà come prima. Infatti, non possiamo
considerare che l’utilizzo di internet e delle tecnologie per la didattica abbiano
rappresentato solo un mezzo per sopperire alla impossibilità di ritrovarsi in
classe, ma sono già una forma di vivere la modernità della didattica rispetto ad
un ampio e innovativo orizzonte formativo, una modalità nuova di fare
educazione, una rivoluzione che la scuola italiana sta attendendo da troppo
tempo.
Gentilissimo Sig. Presidente del
Consiglio dei Ministri, capiamo che è l’ultimo appello,
per questo confidiamo nei lavori della Camera
dei Deputati, dove verrà presentato il Decreto
Liquidità, e della Camera del Senato,
dove verrà presentato il Decreto Scuola. A tutti chiediamo un gesto di
responsabilità. Siamo abitati da una profonda convinzione e una grande passione
per l’Educazione. Siamo convinti che il futuro della società dipenderà dalla
nostra capacità di collaborare in una grande sinergia per dare alle nuove
generazioni, secondo il desiderio delle famiglie, una educazione di qualità che
li renderà cittadini capaci di aprire un orizzonte di speranza per l’umanità.
Madre Yvonne REUNGOAT, fma Padre Luigi GAETANI, ocd
(Presidente U.S.M.I Nazionale) (Presidente C.I.S.M. Nazionale)