“Nemmeno i tempi sono più quelli di una volta: I figli non seguono più i genitori”. Tutti siamo consci di quanto siano attuali queste affermazioni di un papiro egiziano di 5000 anni fa, anche perché non c’è niente di nuovo sotto il sole, come insegna la storia, maestra con pochi discepoli. Noi però vogliamo credere nell’educazione e vogliamo credere soprattutto nei nostri ragazzi, perché il vero problema non sono i ragazzi, i giovani, ma gli adulti poco significativi che stanno con loro.
1. Strada: essere con e per i propri figli, essere presenti anche fisicamente.
Una giovane mamma, tornando a casa dal lavoro, passò a prendere la propria bambina alla scuola “a tempo pieno” (Infanzia Lieta?). La bambina, salutando la mamma con grande gioia, sentì subito il bisogno di dirle: “Mamma ho una sorpresa per te! Voglio parlarti un pochino... con calma”. La mamma, eccitata dal traffico caotico della città e innervosita dal peso del lavoro appena concluso, disse alla bambina: “Ora stai calma! Arriviamo a casa. Non vedi quanto sono stanca?”. Giunta a casa, la bambina riprese subito il discorso interrotto: “Mamma ora stai un pochino con me?”. La mamma prontamente reagì: “Ora?! Ma non vedi quante cose ho da fare? Devo preparare la cena, fra poco torna papa! Devo fare tutto io... non lo vedi?”.
La bambina non azzardò ribattere, ma si fece triste sul volto lasciando parlare i suoi occhi delusi: la mamma lo notò... e accese velocemente la televisione cercando i cartoni animati (pensate, che delicatezza!) per far distrarre la bambina. Arriva il papà, ci si mette a tavola, qualche parola viene strappata durante gli intervalli (brevi!) televisivi... e poi a letto la cara piccina! La bambina, prima che la mamma spegnesse la luce, ebbe il coraggio di dirle: “Mamma ho una cosa da dirti”.
La mamma prontamente la tranquillizzò dicendo: “Dormi tesoro mio! Dì subito la preghierina e poi dormi tranquilla”. La bambina guardò la mamma con dolore e delusione... e la mamma delicatamente spense in fretta la luce. Ma, tornata in cucina, non riuscì a dimenticare gli occhi addolorati della piccina e, furtivamente, entrò in camera per verificare se la bambina stesse dormendo. La bambina stava singhiozzando.
La mamma accese subito la luce del comodino e si sedette sul bordo del lettino e strinse fortemente al petto la bambina, chinandosi su di lei. “Piccola mia!”, disse affettuosamente la mamma, notando con stupore la mano destra della bambina, stretta come un pugno minaccioso.
“Apri la mano! Perché fai così? Che significa questo?”. La bambina, accogliendo l’invito insistente della mamma, apre la mano e mostra un foglio di quaderno accartocciato con rabbia. Su quel foglio, che la mamma subito distese per leggerlo, c’era scritto con larga grafia infantile: “Mamma, presto è la festa della mamma! Voglio anticiparti gli auguri e dirti che ti voglio tanto bene perché tu hai sempre tempo per giocare con me!”.
La mamma aveva smentito tutto e la mano della bambina si era trasformata in un pugno... di amara delusione. Quante volte accade così! Il primo compito dei genitori è dare tempo ai figli, è trascorrere ore ed ore con loro, è lasciarli parlare e dialogare sui loro problemi, che crescono con l’età e si modificano con gli anni. “ E’ il tempo che tu hai dato alla rosa che ha reso la rosa importante per te” (da Il piccolo principe).
“Non basta amare, occorre che si accorgano di essere amati”. Un proverbio spagnolo: “obras son amores, y no buenas razones” (le opere sono la prova dell’amore, più che le belle parole). E’ il tempo passato insieme ai figli è un segno percepibile, ne hanno bisogno più del cibo. Qualche volta ho incoraggiato i vostri figli a scrivere una lettera e a metterla sotto il cuscino di mamma e papà per dire con sincerità, che si sente non ascoltato o apprezzato, perché avete molto da fare, perché il fratello rende meglio a scuola, perché non si fa altro che parlare della brava cugina.
2. Strada: essere significativi, offrire modelli di vita.
Come per noi adulti, così anche per i ragazzi conta più quello che facciamo, il nostro comportamento, che quanto diciamo. “Le parole volano con il vento, gli esempi concreti trascinano, inducono a ripetere”.
Viviamo in una società in cui le persone, e forse anche noi, si lasciano guidare dai “modelli frivoli e vuoti”, che popolano il mondo televisivo, il mondo dello sport, il mondo dello spettacolo e il mondo della politica.
Pensate a quella cattiva maestra della televisione, che gli specialisti definiscono una sciagura per l'influenza profondamente negativa sullo sviluppo intellettuale, sugli esiti scolastici, sul linguaggio, l'attenzione, l'immaginazione, la creatività …. I bambini negli ultimi anni passano molte ore davanti alla televisione, ancor prima di imparare a leggere e a scrivere; in questo mondo artificiale i valori che caratterizzano la vita ordinaria di ogni persona, quali il lavoro, la fatica, la famiglia, le vittorie e le sconfitte nelle piccole e grandi scelte quotidiane sono semplicemente omessi.
Arrivar poi a regalare al bimbo il televisorino da tenere nella cameretta è abdicare al proprio ruolo di genitore, consegnando questo messaggio: “Guarda quello che vuoi, quando e quanto ti pare”. Bisogna che noi educatori ci ricordiamo sempre che la vita di un figlio, di uno scolaro, che cresce ha bisogno di segnali per prendere la giusta direzione, e questi segnali sono i modelli concreti a cui noi facciamo riferimento per ispirare le nostre scelte (la sincerità e verità - il rispetto per le persone e la capacità di chiedere perdono- il senso del dovere e la puntualità nel farlo - la gioia del fare e dello stare insieme….)
3. Strada: orientare ed accompagnare i figli.
I genitori chioccia sono pericolosi per la crescita dei figli, che rischiano di vivere una lunghissima adolescenza e di diventare degli eterni bambini. È comodo fare anziché far fare ai figli, ma li prepara alla vita? I genitori che amano i figli devono sentire la preoccupazione di stimolarli a crescere, spingendoli ad assumersi, in maniera progressiva, la responsabilità di vestirsi, lavarsi, fare i compiti da soli, scegliersi la punizione meritata, chiedere scusa ….
La scuola e la famiglia devono far fare esperienze che aiutino ad apprezzare la vita, la salute, la fortuna di avere una famiglia unita, di avere un lavoro …. I bambini devono crescere forti e non crescono certamente tali guardando la vita falsata dalla TV; la bussola della vita siamo noi educatori, una bussola che abbia come meta un figlio/a libero, responsabile e capace di amare.
4. Strada: far in contrare i figli con la sofferenza.
Quand’ero bambino, una sera mamma mi disse: “Sta morendo la zia: mi accompagni?”. “No, non voglio venire, ho paura: non voglio vedere la morte”. Mamma rispose: “Ascolta, figlio mio! Tu lo sai che ti voglio bene e proprio per questo voglio che tu venga con me, perché la morte fa parte della vita: devi conoscerla per imparare a vivere”.
In quel momento non capii la risposta della mamma, ma crescendo ho capito quanto fosse grande la capacità educativa della mia mamma quasi analfabeta: non mi risparmiò il contatto con la fatica e con il dolore... perché crescessi... perché imparassi la compassione, perché vincessi l’egoismo e acquistassi la sensibilità verso gli altri.
Non drammatizziamo le cadute, le malattie nostre e dei nostri figli, rendiamoli forti nel sopportare sconfitte, delusioni, dolori fisici e morali se vogliamo loro bene o meglio se vogliamo il loro bene.
Non facciamo una tragedia per un compito o una interrogazione andata male, chiediamo solamente: “ Hai fatto il tuo dovere? Bene! Una interrogazione può andare anche male pur avendo fatto il proprio dovere; ciò che conta è l’impegno molto più del risultato”.
La mamma e il padre sono madre e padre che indicano la strada del divenire, non assistenti geriatrici di bambini sani, né banditori esaltati dei meriti e delle capacità dei propri figli; né si devono sentire in colpa se i figli trovano delle difficoltà nell’apprendere e non sono bravi come i compagni, i cugini …
5. Strada: la preghiera in famiglia.
Madre Teresa di Calcutta ripeteva insistentemente: “È necessario riportare la preghiera dentro la famiglia. Quando una famiglia prega, non crolla: la famiglia che prega, sta in piedi”. Lo diceva con la convinzione di chi ne ha fatto l’esperienza. La sua famiglia, infatti, fu segnata da prove indicibili (due sorelline morirono in tenera età a causa di un incidente; il papà venne ucciso quando Madre Teresa aveva appena nove anni e la miseria, prima sconosciuta, entrò improvvisamente nella casa).
Eppure tutto fu superato; e nella famiglia regnò sempre la pace, l’ottimismo, la generosità e la gioia di vivere. Perché? Perché in quella casa restò sempre accesa la lampada della preghiera. “La preghiera dentro la casa: che cosa stupenda!”. Madre Teresa era solita aggiungere: “Quando si prega, i volti diventano più belli”.
La preghiera prima di mettere a letto i propri figli, un segno di croce prima dei pasti, una andare a messa insieme quanto aiuta nella crescita e quanto aiuta a tenere unita la famiglia. Facciamolo a partire proprio da questa quaresima per vivere meglio la Pasqua di quest’anno dedicato alla fede.